L’ACONDROPLASIA
L’Acondroplasia fa parte delle displasie scheletriche (un gruppo geneticamente eterogeneo di condizioni caratterizzate da disordine dello sviluppo osseo) ed è una forma di nanismo dovuta ad una mutazione del patrimonio genetico che comporta un’alterazione del tessuto osseo nella zona di formazione della cartilagine.
Il termine “acondroplasia” deriva dal greco “senza cartilagine”. In realtà la cartilagine esiste, ma cresce ad un ritmo molto più lento del normale. L’Acondroplasia è comunque la displasia ossea più frequente, con l’incidenza di 1 caso su 20.000 nati senza alcuna differenza di razza, etnia o sesso.
Sarebbe auspicabile che il bambino con Acondroplasia e la sua famiglia fossero seguiti in un Centro di Riferimento in cui la figura del Pediatra coordina le diverse figure Specialistiche per accompagnare la crescita globale del bambino stesso. Il pediatra ha il compito di monitorare il paziente dal punto di vista auxologico, endocrinologico e psicologico, accompagnando l’intera famiglia lungo le diverse fasi evolutive del bambino, dall’accettazione della diagnosi alla nascita, fino al momento in cui è possibile intervenire chirurgicamente per l’allungamento degli arti.
I bambini con Acondroplasia possono presentare problemi di malposizione dentaria, in quanto i denti sono troppo affollati e necessitano di una correzione dentistica. Possono anche essere più predisposti ad infezioni dell’orecchio medio a causa della particolare conformazione scheletrica di questo distretto. Può inoltre verificarsi compressione del midollo spinale nel tratto terminale della colonna con conseguenti dolori o difficoltà di movimento degli arti inferiori.
Trattamento ortopedico
Il trattamento ortopedico nei pazienti acondroplasici, ma anche in quelli con altre condrodisplasie, è essenzialmente finalizzato:
– a risolvere le eventuali complicazioni che interessano la colonna vertebrale;
– alla correzione delle deformità degli arti inferiori (ad es. ginocchio varo);
– all’allungamento chirurgico degli arti.
Interventi chirurgici tesi all’allungamento degli arti vengono eseguiti da diversi anni in molti Centri, in Italia e all’Estero e danno risultati considerati dai pazienti stessi molto soddisfacenti.
Trattandosi di ipometrie disarmoniche (tronco di lunghezza quasi normale con arti molto corti), l’intervento chirurgico di allungamento degli arti è particolarmente indicato in quanto corregge la brevità degli arti ed eventuali deformità associate, tipo varismo delle ginocchia, migliora l’aspetto estetico riducendo la proporzione tra tronco e arti, rende possibili atti e funzioni altrimenti preclusi dalla bassa statura.
La strategia chirurgica ha subito con il tempo modifiche e miglioramenti. Gli apparati di allungamento utilizzati differiscono a seconda delle scuole chirurgiche.
L’età più opportuna è nella fascia tra i 12 e i 16 anni, in quanto a questa età il paziente, interiorizzando il proprio stato, ne accetta le motivazioni, mentre una scuola di pensiero a Milano propone l’intervento precoce intorno ai 6 anni.
Presa in carico pediatrica
Sarebbe auspicabile che il bambino con Acondroplasia e la sua famiglia fossero seguiti in un Centro di Riferimento in cui la figura del Pediatra coordina le diverse figure Specialistiche per accompagnare la crescita globale del bambino stesso. Il pediatra ha il compito di monitorare il paziente dal punto di vista auxologico, endocrinologico e psicologico, accompagnando l’intera famiglia lungo le diverse fasi evolutive del bambino, dall’accettazione della diagnosi alla nascita, fino al momento in cui è possibile intervenire chirurgicamente per l’allungamento degli arti.
Le eventuali difficoltà di crescita di un bambino e di un adolescente con acondroplasia non sono solamente correlate al fattore staturale (maggior accrescimento del tronco rispetto agli arti), ma anche alle possibili patologie associate che vanno per quanto è possibile prevenute, diagnosticate e/o curate.
Nell’Acondroplasia il tessuto colpito è lo scheletro, attraverso le anomalie della cartilagine, ma l’alterazione non ha la stessa gravità in tutti i distretti corporei: gli arti sono sempre più colpiti del tronco, il quale ha uno sviluppo relativamente normale. Mani e piedi possono essere molto corti; la colonna vertebrale mostra, a livello lombare, una curvatura accentuata che può incidere sulla deambulazione.
Ereditarietà
Come tutte le malattie genetiche, l’Acondroplasia può insorgere con due diverse modalità:
– può essere trasmessa al momento del concepimento, da un genitore acondroplasico, che possiede il gene alterato.
Chi possiede il gene alterato (e manifesta quindi la malattia) può trasmetterlo ai figli con una probabilità del 50% ad ogni gravidanza indipendentemente dal sesso del nascituro. Queste modalità di trasmissione permettono di definire che il gene dell’Acondroplasia è “autosomico dominante”: coloro che ricevono il gene mutato manifesteranno i segni della malattia mentre coloro che non lo ricevono non saranno affetti.
– può comparire per mutazione cioè per improvviso cambiamento del gene che si altera nell’embrione, pur essendo normale nei genitori. Quando l’Acondroplasia insorge per mutazione ed i genitori sono di altezza normale, la condizione del bambino è un evento imprevedibile. Il lavoro del Registro (Database per la raccolta dei dati riferenti ai piu’ di 400 persone contattate) ha permesso di rilevare che nel 90% dei casi l’Acondroplasia è dovuta ad una neomutazione; solo nel 10% dei casi si ha una trasmissione del gene alterato da genitore a figlio.